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 Home page - Una chiesa al mese - Arcidiocesi di Milano, comunità pastorale Maria regina degli apostoli, chiesa di Maria Regina - Scheda completa 

Maria Regina

Varedo (MB), quartiere Valera,via Friuli 18

01/08/2013
La chiesa di Maria Regina è l’esito di uno dei tre concorsi nazionali di progettazione a due livelli, banditi dall’Arcidiocesi di Milano nel 1989 nell’ambito del cosiddetto “Piano Montini” per 25 nuovi complessi parrocchiali, promosso dal card. Carlo Maria Martini. Il bando chiede il progetto di chiesa, abitazione del parroco, uffici parrocchiali, 6 aule di catechismo, sala per 90 persone in riunione, locale ritrovo terza età e campo di gioco, in sostituzione di un primo centro pastorale provvisorio; si prevede che il nuovo complesso sia organizzato in due lotti, separati da via Friuli: uno stretto e allungato, inserito in un parcellare fitto a media densità edilizia (villette e strutture artigianali) e affacciato sull’asse alberato di via Brianza; l’altro lotto (destinato soprattutto all’oratorio) fa parte di un ampio spazio aperto in margine all’edificato, in una zona destinata all’espansione dell’urbanizzazione (residenziale e commerciale), oltre via Friuli.
Alla prima fase concorsuale vengono presentati 104 progetti, di cui 4 sono ammessi alla seconda fase. Tra la prima e la seconda fase i gruppi selezionati sono invitati al dialogo con la Commissione e con la comunità parrocchiale. Dopo l’approfondimento e la rielaborazione del progetto, viene proclamato vincitore il gruppo Contini-Bernardi-Ghillani, che riceve l’incarico per la progettazione definitiva.
A seguito di una permuta di terreni con l’amministrazione comunale, la parrocchia può accorpare le superfici utilizzabili, concentrando il nuovo complesso nell’ampio spazio oltre via Friuli; il lotto settentrionale viene invece interamente destinato a piazza, giardino e parcheggio.
Il progetto esecutivo, che si deve adeguare alla nuova configurazione urbanistica, e il cantiere si sviluppano dal 1995, sotto la guida pastorale di don Roberto Gatti. La chiesa è dedicata nel 2000 dall’arcivescovo di Milano, il card. Carlo Maria Martini.
Dal 1° settembre 2009 la parrocchia Maria regina fa parte della comunità pastorale Maria regina degli apostoli, comprendente anche la parrocchia centrale di Varedo.
01/08/2013
Il borgo storico di Varedo sorge sullo snodo viario tra la via Comasina (direttrice per Chiasso) e il collegamento est-ovest tra Monza e Saronno. All’originaria vocazione agricola e commerciale del centro, subentra nell’ultimo quarto dell’Ottocento un intenso sviluppo industriale, innescato dalla strada ferrata Milano-Meda (1876) e dal canale Villoresi (1888). L’insediamento nel 1921 della SNIA– industria che arriverà ad occupare 7mila lavoratori – determina la prima espansione edilizia e la fine del sistema agricolo tradizionale.
Il quartiere di Valera sorge lungo la strada per Desio nel secondo Dopoguerra, in assenza di strumenti urbanistici, isolato dal nucleo storico di Varedo dalla superstrada Nuova Comasina (1970). L’area è interessata dal piano “Varedo 3” (L 167), per raggiungere circa 5mila abitanti alla fine degli anni Ottanta, quando comincia l’urbanizzazione dell’area sud del quartiere.
 
L’ulteriore espansione e riqualificazione dell’insediamento prevista negli anni Novanta determina l’inserimento di Valera nel piano complessivo dell’arcidiocesi di Milano per la dotazione di complessi parrocchiali nuovi e adeguati. Nel 1984 era stato rifondato l’Ufficio Nuove Chiese, guidato da mons. Giuseppe Arosio (già parroco costruttore della chiesa di San Giuseppe a Monza). All’inizio dell’episcopato del card. Martini era stata anche riavviata la collaborazione tra l’Ufficio e il Comitato Nuove Chiese (ente promotore e finanziatore dei nuovi complesso parrocchiali), fondato dal card. Montini nel 1958 e allora posto sotto la presidenza dell’on. Mattei; il rinnovato Comitato viene presieduto dall’on. Giuseppe Zamberletti. Il “Piano Cardinal Montini per la costruzione di 25 nuove chiese” è promosso e sostenuto da mons. Barone, pro-vicario del settore economico-tecnico, proponendo quasi una rivisitazione del piano di Montini “22 chiese per 22 concili”. Nel 2000, anno in cui viene dedicata la nuova chiesa di Varedo e anno successivo alla lettera pastorale “Quale bellezza salverà il mondo?”, l’UNC ha già realizzato o ha in corso di realizzazione oltre 50 chiese, il doppio di quelle previste dal Piano.
Il concorso “Tre chiese per il 2000” viene lanciato dalla Curia per alimentare il dibattito e la riflessione culturale sul rapporto tra architettura e pastorale. Le tre sedi concorsuali sono le parrocchie di San Romano al Gallaratese, Sant’Ireneo a Cesano Boscone e Maria Regina a Varedo. Il concorso è bandito il 26 maggio 1989; all’Ufficio pervengono 312 progetti (un centinaio per area), di cui 14 ammessi alla seconda fase, che – dopo una periodo di coinvolgimento diretto delle comunità parrocchiali – si chiude nel marzo 1990. In giuria siedono i protagonisti del dibattito architettonico, quali Portoghesi, Gregotti, Gardella, Trebbi, Varaldo. Vincitori risultano Giangiacomo d’Ardia e Ariella Zattera (Gallaratese), Mauro Galantino (Cesano Boscone) e Contini-Ghillani-Bernardi (Varedo); tutte e tre le chiese sono state completate entro il 2000.
In termini complessivi, i tre concorsi segnano una tappa fondamentale nella storia dell’architettura di chiese italiana, sia per il dibattito che li accompagna, sia per gli esiti progettati e realizzati; per Portoghesi (1990, p. 95), si tratta del momento in cui si riprende in modo creativo “il tema della chiesa assembleare, superando il limite della prima fase di ricerca condizionata in direzioni opposte dalla neutralità simbolica e dalle ambizioni scenografiche o gestuali”, tentando di rispondere a quell’ “interminabile elenco di ipotesi”, che ha generato “insoddisfazione” e “stanchezza”. Tra i lavori dei circa 300 studi coinvolti, non mancavano impianti e figure molto tradizionali (neoromanici, neobramanteschi o di gusto Novecento), ma nemmeno episodi monumentali stilistici (alla Botta, alla Aldo Rossi, alla Canella), impianti da ‘villaggio rurale’ o, all’opposto, piastre funzionaliste, il tutto arricchito da creazioni liriche estemporanee. Le scelte della committenza e della giuria paiono chiaramente indirizzate verso il valore urbano, morfologico, dei nuovi complessi parrocchiali, al loro misurato inserimento nella trama dei tessuti edilizi slabbrati del continuum urbanizzato milanese, alla ricucitura di trame e suggestioni. Per Peduzzi (1990, p. 17), direttore dell’UT della curia, “la ricerca tipologica ha dunque prevalso sullo sperimentalismo”.
 
Nel caso di Valera, il progetto vincitore, riformulato tra la prima e seconda fase e arricchito grazie al dibattito con la comunità parrocchiale, intende proporsi come un vero e proprio organismo urbano: prevede di unire funzionalmente i due lotti mediante un’unica direttrice nord-sud, lungo cui si collocano i volumi e gli spazi aperti richiesti del bando, disegnati su un modulo di m 10x10 e 2x2. Su una piazza aperta verso viale Brianza – piazza civica e religiosa al tempo stesso – si attestano il campanile e il fronte nord della chiesa, caratterizzato dal volume autonomo del battistero. A partire da tale nucleo ‘identitario’ di piazza/torre/battistero si sviluppa la stecca delle opere parrocchiali che, attraversando via Fiume, prosegue nel lotto meridionale, in cui trovano spazio i campi da gioco. L’importo opere previsto era di 1.728.000.000 Lire, di poco aumentato per adeguamenti in corso d’opera.
01/08/2013
Il progetto vincitore del concorso vedeva una forte relazione tra lo spazio pubblico (il sagrato civico) e lo spazio liturgico, articolati attorno alla cerniera urbana del battistero , elemento consolidato nella tradizione ambrosiana e nei paesaggi urbani padani. Il battistero, di fatto, sostituiva la presenza di una “facciata”, mentre l’ingresso all’aula era previsto mediante un sagrato coperto avvolgente l’aula, che portava a un ingresso sul lato opposto al battistero [8]. Gli altri elementi caratterizzanti lo spazio liturgico erano l’altare nell’abside, un ambone spazioso proiettato verso l’assemblea, una cappella feriale autonoma con funzione di custodia eucaristica.
 
Il passaggio al progetto definitivo e realizzato ha implicato un ripensamento distributivo sia delle trame urbane , sia dello spazio liturgico, che tuttavia non stravolge le intuizioni originarie sulla base delle quali era stato aggiudicato il concorso.
La chiesa è concepita come un perimetro murario compatto, che accoglie al suo interno un recinto ligneo sospeso, che delimita lo spazio dell’assemblea. La pedana del presbiterio è disposta frontalmente, ma fa parte essa stessa dell’invaso unitario – per spazialità, luce e materiali – che accoglie l’intera assemblea. “Senza interposizione di pareti un ‘velabro’ ligneo raccoglie sotto di sé il vero e proprio spazio della celebrazione, quasi custodendone la voce, le vibrazioni, il respiro. Così l'assemblea liturgica si presenta trasparente seppure separata, aperta eppure ben definita.” (Petrini 2000). Per i progettisti “Si voleva ottenere all’interno della chiesa una ‘tensione tranquilla’, un senso di accoglienza quasi domestica, ma nello stesso tempo non rinunciare a quel senso di mistero che è nella tradizione degli edifici del ‘sacro’” (Contini et alii 2000).
Sulla pedana plenaria del presbiterio  si dispongono i poli liturgici principali; la pedana è isolata rispetto all’ambulacro perimetrale da una bassa schermatura, posta in continuità con il soprastante recinto sospeso. La mensa , al centro, è direttamente illuminata dal lucernario aperto nella copertura piana superiore. L’ambone è ampio, proteso verso i fedeli, e realizzato mediante un’intelaiatura metallica, con una scelta che fa prevalere la corporeità del lettore sulla massività dei materiali edilizi, soluzione legata alla tradizione razionalista milanese (si vedano gli amboni di Mangiarotti e Morassutti a Baranzate, o quelli realizzati da Enea Manfredini). La sede, anch’essa di sobrio design, è posta dalla parte opposta all’ambone.
L’assemblea ha disposizione frontale, e solo le panche del coro hanno orientamento avvolgente attorno all’altare: la percezione della centralità dell’altare è data soprattutto dalla ricerca spaziale e luministica, enfatizzate dal “velabro” sospeso unificante.
Il luogo della custodia eucaristica è alle spalle dell’altare, in una cappella autonoma oltre la schermatura di fondo del presbiterio; la comunicazione percettiva tra l’aula e la cappella è garantita da una vetrata , ma il tabernacolo non è né visibile né accessibile dall’aula stessa. Tale aspetto presenta una criticità, in quanto durante le funzioni per accedere al tabernacolo è necessario uscire dall’aula e passare attraverso un disimpegno per entrare nella cappella eucaristica. Per realizzare una visibilità almeno indiretta da parte dell’assemblea è stata sospesa una lampada sopra la vetrata del tabernacolo, oltre lo schermo presbiteriale.
Il battistero gioca un ruolo decisivo sia nell’assetto tipologico, sia nello spazio liturgico: il cilindro è un volume autonomo rispetto al recinto della chiesa, ma ben connesso visivamente e funzionalmente con l’area antistante il presbiterio, dal lato dell’ambone . Il volume battesimale prende luce dall’asola perimetrale di copertura e da una croce che attraversa la muratura, aperta verso la piazza.
Agli angoli dell’aula sono sistemati quattro spazi per la confessione, dalla forma di piccoli vani accessibili dall’ambulacro perimetrale e illuminati da feritoie esterne.
Le pareti laterali dell’aula sono articolate in una sequenza di tre vani aperti per lato, che possono assumere funzione di “cappelle laterali”, adattabili per immagini devozionali: si tratta di spazi bassi, illuminati da una feritoia centrale.
Un organo a canne è stato recentemente sistemato all’angolo destro del recinto sospeso, nella zona in cui si dispone  il coro.
01/08/2013
Gli arredi non hanno qualificazioni figurative: secondo quanto progettato dagli architetti, sono realizzati in profilati metallici aniconici. L’iniziale consulenza artistica concorsuale di Carlo Mattioli (1911-1994) non ha avuto seguito a causa della sua scomparsa.
La croce è stata oggetto di un ripensamento: dopo una prima soluzione minimale disegnata dai progettisti, sono stati proposti alcuni crocifissi figurati, appesi al recinto ligneo alle spalle dell’altare. L’attuale crocifisso, collocato nel 2001, è opera di Daniele Morini.
Le cappelle perimetrali consentono una certa flessibilità nell’utilizzo di immagini devozionali: Santa Rita e Sant’Antonio da Padova (prima cappella destra) sono opere dell’artista rumeno Popescu. Dalla precedente chiesa provvisoria è stata portata la statua di San Giuseppe, ora affiancata da un’icona di San Giorgio.
La statua di Maria è stata spostata da una delle cappelle laterali all’angolo del recinto sospeso a sinistra del presbiterio, in modo da consentirne una visione prospetticamente più idonea alla venerazione (la statua era stata appoggiata sul pavimento di una delle cappelle laterali, il cui volume basso non consentiva una visione delle statue dal basso verso l’alto). Anche la via Crucis è stata trasportata dalla precedente chiesa provvisoria: è ora appesa lungo il perimetro murario, tra le cappelle laterali .
01/08/2013
Il tema della luce, associato con quello dei materiali, è decisivo nella definizione percettiva dell’interno, ma soprattutto nella costruzione di una gerarchia di spazi liturgici e di parti dell’edificio.
Nella copertura piana dell’edificio si aprono due ordini di sistemi naturali illuminanti e di ventilazione: una finestra a nastro continua illumina l’ambulacro, tra il perimetro murario e il recinto sospeso; un lucernario anulare continuo fa piovere invece luce zenitale lungo le pareti lignee del recinto stesso, separandone luministicamente le superfici d’ambito rispetto alla copertura piana. Un lucernario illumina direttamente la mensa e la pedana presbiteriale . Lungo le pareti perimetrali si susseguono le feritoie, aperte sia al fondo delle cappelle laterali, sia agli angoli dell’aula, e le superfici lignee stesse del recinto sospeso sono ritmate da sottili lame di luce , illuminate dalla camera luminosa continua dell’ambulacro. Il battistero ha un proprio sistema autonomo di illuminazione, che lo rende un’ulteriore camera di luce comunicante con lo spazio dell’aula: la croce tagliata nel cilindro murario, peraltro, è l’unica connessione visiva diretta tra la chiesa e l’esterno, oltre alle due finestre a tutta altezza che separano il battistero stesso dall’aula.
01/08/2013
Il complesso parrocchiale si propone di diventare parte integrante del tessuto urbano di Varedo, un elemento legato al suo contesto per volumi, materiali e linguaggi, ma al tempo stesso una “eccezione” nel continuum urbanizzato dell’area. Il passaggio dalla piazza al sagrato avviene grazie a un’ampia apertura nel recinto murario antistante all’ingresso, che invita all’ingresso in uno spazio protetto, ma né isolato, né segregato, né autoreferenziale. L’alto portico di facciata, poi, si propone come spazio-filtro protettivo ma decisamente aperto, trasparente, immediatamente percepibile. Se dunque l’aula liturgica ha un proprio ingresso riconoscibile – ma riservato e domestico, pur nella sua monumentalità un po’ astratta –, gli edifici per le attività pastorali e sociali si dipanano lungo la viabilità del quartiere , con una sequenza di pieni e di vuoti che testimonia la permeabilità tra i tessuti abitativi e il complesso parrocchiale.
La scala domestica dei singoli spazi e la narrazione urbana delle loro connessioni associano dunque ordinarietà e straordinarietà, accoglienza e riservatezza, apertura e protezione, secondo percorsi facilmente leggibili e trasparenti. Tale impostazione, peraltro, traspare anche dagli altri due progetti vincitori del concorso “Tre chiese per il 2000”, coerentemente con l’impostazione pastorale dell’episcopato del card. Martini, secondo cui “non ci sarà mai un modello assoluto e definitivo di chiesa; sarà l’inventiva, la creatività, a dare vita a nuovi progetti e a opere” (Martini 1990, p. 9).
01/08/2013
Il motto progettuale “camminare lungo bei muri e attraversare bei cortili” è l’espressione di come progetto ecclesiale e progetto urbano siano in forte sintonia. Secondo i progettisti, per rispondere alla modesta qualità dell’urbanizzazione diffusa che lega i piccoli centri brianzoli senza soluzione di continuità, “il progetto si propone di ritrovare una misura e un tempo necessari” (Contini et alii 2000).
La vera facciata “urbana” è costituita – nel progetto di concorso come nel progetto realizzato – dal volume del battistero, che testimonia chiaramente, senza imporsi arrogantemente, l’identità cristiana dell’edificio. Come i battisteri delle pievi romaniche segnavano il paesaggio insediato lombardo medievale, così il cilindro laterizio del battistero è certamente il segno più riconoscibile, pur nella sua discrezione e misura, del complesso parrocchiale. Inoltre, all’angolo del sagrato, la torre campanaria (data dalla semplice associazione di due setti slanciati paralleli) è chiaramente riconoscibile dalla piazza e dai dintorni.
Il sagrato  di fronte alla chiesa è un filtro essenziale tra l’esterno e lo spazio liturgico protetto: le pareti murarie sono tagliate da feritoie, che evitano l’effetto claustrofobico o autoreferenziale del sagrato, mentre l’altissimo portico di facciata è percepibile da una certa distanza, associando aulicità e chiarezza funzionale.
Come sopra accennato, spazi e volumi tra la chiesa, l’oratorio e il salone polifunzionale sono allineati su via Friuli , e sono legati da un duplice percorso: uno esterno lungo la strada, caratterizzato da una fascia muraria laterizia continua, e un percorso di attraversamento interno, porticato; entrambi rafforzano la percezione di un organismo complesso ma comunque unitario.
01/08/2013

La comunità è stata coinvolta sia tra le due fasi concorsuali, sia nell’iter progettuale e realizzativo. Nel tempo, ha ormai fatto “proprio” il complesso parrocchiale, provvedendo a una serie minuta di piccoli adattamenti e aggiornamenti dell’apparato devozionale. Dal 2009 il responsabile della chiesa è il parroco della comunità pastorale Maria regina degli apostoli, don Giuseppe Grisa, che risiede nella sede centrale di Varedo, mentre la comunità di Valera è guidata dal Vicario parrocchiale di comunità, don Emanuele Beretta.

La nuova posizione della statua mariana e dell’organo percettivamente forse non influiscono positivamente sulla corretta lettura del recinto sospeso (creando una continuità visiva tra la parete lignea e l’aula che annulla l’affetto di “sospensione” del velabro), ma non sono stati realizzati interventi radicalmente alternativi allo spirito iniziale del progetto.
Resta il problema del rapporto tra aula e custodia eucaristica, poco visibile (se non grazie alla lampada sospesa sopra lo schermo di fondo presbiteriale) e accessibile solo con un percorso certamente poco lineare e poco liturgico. Per quanto attiene all’uso dei confessionali, invece, alcuni fedeli manifestano disagio per la mancanza della tradizionale griglia di separazione tra sacerdote e penitente.
L’opera edilizia più complessa, intrapresa già dopo il primo quindicennio di vita dell’edificio, è relativa alla copertura dell’edificio: è infatti rapidamente deperito il solaio piano inizialmente realizzato, a causa di problemi di isolamento termico e di condensa sui lucernai, realizzati a basso costo in plexiglas e non in vetro. È stato necessario realizzare recentemente un nuovo solaio di copertura, al di sopra del precedente, che garantisca la conservazione delle strutture sottostanti.
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