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Architetti di chiese

Crispino Valenziano

» Leggi l'intervista all'arch. Massimiliano Fuksas
"Il progetto della chiesa, lezione di vita" 

 
23/08/2012
23/08/2012
23/08/2012
23/08/2012
23/08/2012

23/08/2012
Titolo: “Architetti di chiese”
 
Autore: Crispino Valenziano
Editore: L'Epos (1995) (dal 2005 è disponibile la seconda edizione di EDB che ha una differente numerazione delle pagine)
Numero pagine: 410
Prezzo: 40,50 euro
 
 
23/08/2012
“L'Autore intende parlare della edificazione ecclesiale e della sua logica. Il suo vuol essere un discorso teologico aperto al linguaggio di altri addetti ai lavori che non sono liturgisti... L'analisi dei problemi concreti, che vengono segnalati come eminenzialità e come connessioni, non è condotta facendo l'elencazione dei luoghi da architettare, magari secondo il loro ordine di importanza: altare, ambone, battistero, ecc... La preoccupazione dell'Autore ha radici più profonde: l'architettura dello spazio liturgico scaturisce unitariamente dalla sapiente articolazione e interconnessione della molteplice varietà dei luoghi nella rigorosa coerenza spaziale. C'è nell'opera un continuo riferimento alla Scrittura. Ma l'Autore non l'assume a riprova della costruzione; egli la riferisce nella sua funzione direttiva del rito celebrato, nella sua attuazione celebrativa di cui l'architettura rituale è parte integrante”. (dalla prefazione dell'arcivescovo Francesco Marchisano)
 
23/08/2012
Crispino Valenziano (nato a Cefalù nel 1932, è ordinario di Antropologia Liturgica e di Spiritualità Liturgica al Pontificio Istituto Sant'Anselmo. È membro del Pontificio Consiglio per i Beni Culturali della Chiesa e della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra. È considerato uno dei massimi esperti di arte sacra. Tra i suoi volumi più recenti: S. Paolo e S. Pietro di Michelangelo nella Cappella Paolina in Vaticano (Città del Vaticano, 2010), Angelo Roncalli. Lettere dall'Oriente e altre inedite a Giovanni Dieci (Prato, 2012), Verso una epistemologia della «Via pulchritudinis». Tre lezioni dottorali h.c. (Roma, 2009) Liturgia. Chiesa in corso d'opera (Roma, 2008).
23/08/2012
«Construere, “costruire”, è: “congiungere uno sull'altro, uno accanto all'altro”; aedificare, aedem facere, è: “fare un tempio, una camera, una casa”. Edificare è costruire mirato. In altri termini, costruire una chiesa è materialità scheletrica a cui insufflare la vita – scheletro da “edificare” -. Concluderei l'ultima delle nostre ermeneutiche con la esemplificazione della tensione edificativa agli inizi della riforma liturgica, non retorizzata da critiche di routine. La scelgo tra eventuali altre esemplificazioni apprezzabili, per il fatto che avendovi contribuito con la mia prima giovanile consulenza, in essa mi è capitato di avvertire come dopo il Vaticano II non stiamo seguendo una moda che domani o dopodomani “cambierà di nuovo” (sono sussurri e grida da letarghizzante astuzia della ragione) ma stiamo recuperando un millennio e mezzo di senso liturgico che (non improvvisamente) nel secolo XVI, in consonanza a una cultura e reagendo spintamente a reazioni sconsiderate, si eclissa; e stiamo correggendo qualche secolo di approssimazioni difettive (si legga così delle edificazioni che precedono il barocco, che il barocco, in sé coerentissimo e rispettabile, a torto smentì e che adesso, coerentemente e rispettosamente, si intende riautenticare). Ipotizzare che tra qualche decennio “cambierà la moda” della partecipazione celebrativa o della identificazione cristologico-ecclesiologia dell'altare o della proclamazione pasquale della parola di Dio, è supporre né più né meno che nella Chiesa ritorni a eclissarsi il senso liturgico». (Pag. 107)

23/08/2012

Non bisogna cercare un “canone” che orienti i progettisti, ma bisogna coinvolgerli «nella adeguazione delle chiese a ciò che Spirito ora dice a esse». Il percorso espositivo del volume ha lo scopo di portare l'architetto alla sapienza della liturgia, per cui anzitutto vengono le “ermeneutiche” affrontando le quali si definiscono i termini entro i quali ci si muove: oggi, ma nella prospettiva di come si è arrivati all'oggi attraverso lunghi travagli che hanno impegnato la riflessione teologica, l'ecclesiologia, la liturgia nella storia. Quindi, per esempio, parlando dell'estetica della chiesa edificio si richiama la necessità che questa non sia effimero frutto di “mode” o di tecnologie non affidabili. Il metodo espositivo, caratteristico dell'Autore, è ricco di continui rimandi ai testi magisteriali, della Tradizione, dei Padri e di un assiduo scavo filologico che aiuta in ogni caso a non fermarsi sulla superficie. Di qui il richiamo a “temperanza” e “prudenza” quali virtù cui il progettista dovrà far ricorso nello studiare i tanti argomenti che portano alla «sinergia tra la trascendenza artistica e la trascendenza liturgica nell'opera teandrica che è l'edificio ecclesiale».

Il capitolo sulle ermeneutiche porta il lettore a muovesi su un terreno che gli consente di dialogare col liturgista e l'Autore lo conclude con l'avvertimento di evitare qualsiasi confusione «tra committenza-consulenza e autore», così che il committente non si improvvisi progettista, ma neppure il progettista si illuda di divenire liturgista in forza della sua arte.
Il capitolo successivo, dedicato all'architettura “per” la liturgia, apre con una disquisizione sull'importanza dell'autenticità nelle opere, così che queste – grazie alla forma e alla consistenza materica, siano «celebrazione anche quando non stanno in funzione rituale». 
Avvertendo subito però di rifuggire dall'allegorismo supponendo che questo possa acquisire il senso del simbolo, poiché «mentre nel segno simbolico il nesso tra significante e significato non è convenzionale ma è connaturale... nel segno allegorico il significante rimane distinto dal significato, la loro connessione è accidentale, convenzionale e semplicemente indicativa, e la significanza prodotta non ne effettuale la presenza come, invece, fa il simbolo».
E subito il presenta la difficoltà: come esprimere in modo adeguato il valore simbolico col linguaggio dell'architettura contemporanea, mostrando come esempio il progetto dell'architetto Ludovico Quaroni per la chiesa di Gibellina nuova, frutto di studio attento e meditato eppure non adeguatamente riuscito: «Quaroni non è stato (fatto) consapevole della metonimia ecclesiale a cui la liturgia cristiana dà luogo nel suo proprio edificio cultuale».
 
Valenziano cita le parole con cui Quaroni presenta la chiesa: “La nostra cupola-abside nasce dall'incontro della sfera col parallelepipedo dell'aula... la cavità interna, inaccessibile, copre lo spazio destinato al culto più sacro.... La simbolica perfezione della sfera – soprannaturale – rappresenta la continuità, l'infinito...” (L. Quaroni, La chiesa, 90-91). E commenta: «È così che egli l'ha “ideata”, con lessico e grammatica e sintassi d'anonimato liturgico. E così.... allorché s'è sfasciata [la copertura crollò nel 1994 – n.d.r.] non sono riuscito a rimpiangerne la pur bella genericità staticizzata ideologicamente sulla “idea di chiesa” / “idea di casa del Signore”: essa non era dinamica dell'immagine ecclesiale, della figuratività della “Chiesa edificio di Dio” / “”Chiesa sposa di Cristo”».
Anche Valenziano, come altri autori, si riferisce alla chiesa di San Lorenzo a Monaco, progettata negli anni '50 del '900 da Emil Steffan, come un esempio di riuscita espressione anticipatrice del Concilio, in cui si rifuggono richiami agli stili architettonici del passato, mentre si manifesta primariamente una consapevole adesione alla dinamica liturgica.
Lo studio della distribuzione dei luoghi liturgici consegue logicmanete nel testo: il richiamo al dettato conciliare – lo spazio cultuale è costruito per l'azione liturgica, non per la passività religiosa, non per sacre rappresentazioni ma per la partecipazione piena, attiva, efficiente (Sacroscanctum Concilium 11.21.26) - si accompagna a una polemica verso l'uso diffuso nella progettazione contemporanea di “pedane plenarie”, simili a palchi teatrali ove si raccolgono i diversi luoghi liturgici (altare, ambone, sede), in modo tale da obliterare la dinamica che tra essi dovrebbe attivarsi.
All'architettura spetta invece di trovare una continuità con la tradizione, una coerenza con la liturgia che sia ben ravvisabile anche nella forma dell'edificio, una individuazione chiara dei diversi poli liturgici entro una logica di rapporti complessivi che deve legarli tra loro senza sovrapporli.
A esempio di una ricerca condotta in questa direzione, è citata la chiesa di Cava dei Selci (Roma) progettata da Sandro Benedetti, che così descrive la propria opera: la chiesa “reinterpreta con una rotazione di 45 gradi la pianta centrale bizantina a croce greca, ne rompe la ieraticità spaziale e, accelerandone le potenziali tensioni diagonali, costruisce una convergenza dello spazio sul luogo dell'altare. Anche con l'apposizione, sulla verticale, di un tiburio-camera-di-luce che diviene il polo spaziale principale. La definizione esterna si costruisce per emanazione delle cellule spaziali interne”.
 
 
Nell'affrontare il tema delle eminenzialità dello spazio liturgico, l'Autore pone anzitutto la coppia luce – battistero, la cui associazione appare evidente. La luce (su cui insiste anche Pasquale Culotta nella postfazione, come momento cardine del progetto) è all'inizio della Creazione e, nello spazio costruito, è l'elemento che primo contribuisce a conformarlo; il battistero è il primo “luogo” della vita cristiana, poiché ne costituisce l'accesso.
Segue la coppia aula-ambone, dove il primo termine individua il luogo in cui si riunisce l'assemblea celebrante, e il secondo la fonte dalla quale essa attinge: la parola di Dio. E per l'ambone Valenziano richiede una giusta condizione di monumentalità. In tale contesto si dipana un ragionamento che tocca il tema della soglia e quindi del significato della porta della chiesa. E poi della pianta, qui evidenziando anche il tema della verticalità che l'attraversa generando una dinamicità ulteriore che si somma a quella delle tensioni orizzontali e quindi trattando il tema dell'onfalo (lo “ombelico” della chiesa), individuato nello spazio vuoto antistante l'altare: il luogo dove si recano coloro che si comunicano nonché privilegiato per la celebrazione del sacramento del matrimonio: «se l'edificio liturgico è la metonimia figurativa del mistero della Chiesa con il suo Cristo, il sacramento del matrimonio ne è l'icone vivente». Rilevanti in tale contesto anche le notazioni svolte sulle pavimentazioni che segnano percorsi ed esprimo il carattere tipologico dell'edificio: i pavimenti che con le antiche elaborazioni musive erano progettati insieme con tutto lo spazio della chiesa.
Altra eminenzialità è la coppia bema-altare. Qui si rifugge l'identificazione bema-presbiterio, poiché quello è luogo elevato su cui porre l'altare, e Valenziano, supponendolo «autonomo relativamente ogni altra sopraelevazione dell'aula», prosegue: «apprezzerei sua forma architettonica adeguata quella che rendesse visivamente unanime l'assemblea, non tanto in una visibilità unanime che essa può avere del bema, quanto della visione che unanimemente essa deve avere del Cenacolo e del Calvario “nel” bema» (pag. 233) - ovvero, dell'altare.
Così sono tratteggiate alcune caratteristiche sostanziali di una chiesa in cui sia tutto il popolo a partecipare attivamente alla celebrazione del rito.
 
Il volume reca in calce una documentazione con ampie citazioni di Sacrosanctum Cncilium, Inter Oecumenici, Lumen Gentium, Le rénouveau liturgique, Dei Verbum, Presbyterorum Ordinis, Gaudium et Spes, L'heureux développement, Pontificales Ritus, Principi e norme per l'uso del Messale Romano, Rito del Battesimo dei bambini, Lezionario, Linturgicae Instaurationes, Principi e Norme per la Liturgia delle Ore, Rito della Comunione fuori della Messa e Culto Eucaristico, Rito della Penitenza, Rito di Dedicazione della Chiesa e dell'Altare, Inaestimabile Donum, Codice di Diritto Canonico, Precisazioni della Conferenza Episcopale Italiana alla seconda edizione del Messale, Il Rinnovamento Liturgico in Italia, L'interesse per la musica, Benedizionale, La Progettazione di nuove chiese.
23/08/2012
Inoltrandosi nella lettura si è grado a grado avvolti nella maestosa complessità di un edificio la cui progettazione non può essere ridotta a pochi schemi e poche nozioni. Il volume di Crispino Valenziano risponde degnamente a tale complessità perché di ogni argomento toccato mostra la profondità con una ampiezza di citazioni tale da rendere con chiarezza il carico di problemi che la sua definizione formale comporta. Il testo scorre con agilità passando dalle parole dell'Autore a quelle dei testi citati, con tale dovizia che si potrebbe dire di trovarsi di fronte non a un volume, ma a una serie di volumi. La vena polemica dell'Autore d'altro canto rende incisivo l'eloquio e facile il dialogo nel corso della lettura: perché chi scrive non è percepito come lontano. Le convinzioni espresse sono argomentate a fondo e sostenute da ampio corredo documentale: anche se non mancano punti in cui l'A. lascia la domanda aperta («La valenza di “soglia” è del sagrato o è della porta? Attribuendola al sagrato non si taglia riduttivamente la porta? La valenza di accoglienza e di rinvio non era dei narteci? È trasferibile al sagrato senza specifici accorgimenti?») (pag. 311). Nel continuo confronto con documenti e monumenti antichi e contemporanei che si snocciola pagina dopo pagina, si ottiene la chiara percezione di come la chiesa sia luogo che raccoglie in sé l'universalità del tempo. Coloro i quali forse con eccessiva frettolosità pensassero di avvicinarsi al progetto della chiesa sulla base di poche nozioni che tendono a una visione riduttiva (“lectio facilior” dice l'A.) del Concilio, troveranno in queste pagine di che ripensare alla serietà del tema. Coloro i quali ritengano di scansare i tanti problemi posti dall'architettura contemporanea per rifugiarsi in soluzioni già esperite nel passato, avranno modo di interrogarsi su quale sia la vera consistenza di una postura in cui il termine “tradizione” è forse inteso in senso solamente strumentale.
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