SNEC - Un libro al mese
Valutazione
Il periodo preso in considerazione nel volume, quello che è stato caratterizzato dai conati nazionalistici attorno alla prima guerra mondiale e quindi dal fascismo, nel contesto di un‘Italia ancora ben lontana dall‘alfabetizzazione di massa, è irto di difficoltà. Perché il mondo intellettuale è privo di libertà e trascinato dagli umori prevalenti che danno luogo alla retorica del regime. Tenendo questo presente, si apprezza l‘indagine svolta dai diversi Autori, allo scopo di ritrovare il modo in cui, attraverso le varie “mistiche” imperanti (nazionalismo, imperialismo, bellicismo, le prime proposte di un ritorno alla natura come rivolta contro l‘imporsi del mondo industriale, ecc.) il pensiero cristiano riesca a riemergere e a estrinsecarsi anche in opere di valore artistico.
Risulta particolarmente interessante osservare (il che avviene in particolare grazie al saggio della De Carli incentrato sulla figura di Severini) come entro le file del futurismo emergano personalità capaci di scandagliare l‘animo proprio e di unire l‘estetica tipica del momento alla tradizione.
Si nota come la fatica e l‘impegno per far crescere il dialogo tra Chiesa e arte non siano limitati a questi ultimi decenni, ma attraversino anche tutta la prima metà del ‘900, pur con tutti i tumulti che vi imperavano: a testimonianza di come il messaggio evangelico per forza propria viva e si rinnovi, e sappia reinverarsi in ogni circostanza.
Lungo la via che porta alla fedeltà per l‘autenticità, aldilà delle molteplici declinazioni che possa assumere il dibattito tra correnti artistiche divergenti o contrapposte.
Come ha scritto Giovanni Paolo II, citato da Luciano Caramel in appendice: “La Chiesa ha continuato a nutrire un grande apprezzamento per il valore dell‘arte come tale. Questa infatti, anche al di là delle sue espressioni più tipicamente religiose, quando è autentica, ha un‘intima affinità con il mondo della fede, sicché, persino nelle condizioni di maggior distacco della cultura dalla Chiesa, proprio l‘arte continua a costituire una sorta di ponte gettato verso l‘esperienza religiosa”. (Da: “Lettera agli artisti”, 4 aprile 1999).
La vicenda di Severini risulta particolarmente significativa per il ruolo che vi giocano personalità quali il frate Gabriel Sarraute e il filosofo Jaques Maritain. La “committenza” artistica non è infatti semplice incarico professionale o espressione di “desiderata” che tengono conto delle finalità liturgiche, ma elaborazione collaborativa che  riesca ad estrarre il senso dell‘opera dal congiungersi di sensibilità e di culture, di esperienze e di desiderio di donarsi. Una volta che si attivi questo tessuto di intese, le modalità specifiche divengono strumento docile.
Le esperienze di cui si parla nel volume, avvenute solo pochi decenni or sono, in un contesto per alcuni aspetti molto lontano da quello attuale (quello delle circostanze sociali e politiche) ma vicino per altri aspetti (quali quelli relativi alla percezione di distacco tra il linguaggio dell‘arte e quello della Chiesa) costituiscono una serie di precedenti di cui far tesoro per ripensare a come continuare oggi sulla strada del dialogo collaborativo tra arte e fede. 


Ultimo aggiornamento di questa pagina: 01-FEB-16
 

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