logo SNEC
Una chiesa al mese
Un libro al mese
Area Riservata
per gli incaricati diocesani
Valutazione   versione testuale
Il testo esamina diversi “luoghi” biblici e altri testi della tradizione israelitica riguardo al confronto che impernia l'esplorazione compiuta nel volume da Banon, in tal modo avvicinandosi come “a spirale” al cuore dell'argomento, peraltro dichiarato sin dalla prime righe del testo.
L'edificio è frutto di intenzioni, modalità, materiali, rapporti tra gli uomini e tra questi e l'infinitamente Altro; frutto di aspirazioni e di fede, di riconoscimento dell'ordine divino o del tentativo di evaderlo.
In ogni caso l'edificio è intimamente collegato alla storia dell'uomo e ne testimonia pregi e difetti. Se i primi vertono sulla capacità di sottostare alle indicazioni divine con senso di servizio e solidarietà verso i fratelli, i secondi albergano nel desiderio di superamento, nella hybris che porta a distorcere i rapporti tra il creato e il Creatore, e tra gli esseri umani.
Il ragionamento di Banon e Derhy focalizza il tema del costruire al di fuori della logica entro la quale è spesso costretto, per ricondurre alle radici originarie del gesto e alla sua ispirazione prima.
Per questo fornisce importanti motivi di riflessione su quelli che sono gli atteggiamenti e le aspettative del costruire anche ai nostri giorni.
Si può constatare come le tematiche che attraversano tutta l'argomentazione sviluppata nel libro, non siano estranee anche  al modo di porsi oggi di fronte all'azione edificatoria, o artistica.
Ricorrono concetti quali “solidarietà”, “dono” , “dialogo”, “servizio”; e dall'altro lato, a questi giustapposti, “orgoglio”, “monumentalità”, “ambizione”... La dimensione della collaborazione e quella dell'imposizione, la comunità oppure l'esibizione di potere.
È come un viaggio a ritroso, alle fonti di quel che sta prima della decisione di costruire, mentre si cerca una risposta alla domanda “perché si compie un'opera”? La riflessione di Banon, espressione della cultura dei “fratelli maggiori”, non riguarda la chiesa, la sua architettura o le opere d'arte in essa contenuta. Ma, riguardando quanto precede le chiese, si propone come occasione di indagine sugli atteggiamenti umani di ieri, di oggi e di sempre; e come occasione di dialogo su  come le “cose” esprimano le intenzioni degli artefici, anche al di là di quanto questi vorrebbero manifestare con la loro opera.
Così Babele perde la sfida che lancia allo spazio e al tempo con quell'espressione di volontà di potenza che inevitabilmente contiene; e il tabernacolo, il luogo col quale Dio dialoga con l'uomo, che invece parla il linguaggio dell'accoglienza, risplende al di là della propria scomparsa, grazie alla Parola che si propaga nel tempo e nello spazio per inarrestabile forza propria.
 
 
stampa paginasegnala pagina